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Giorgia Spurio

Giorgia Spurio

Giorgia Spurio, nata il 21/12/1986 a Ascoli Piceno, ha lavorato in progetti educativi, dedicati all’educazione civica e musicali.
È docente di lettere presso la scuola secondaria di primo grado.
Ha vinto vari premi letterari nazionali e internazionali di poesia e narrativa.
Ha pubblicato le ... (continua)


La sua poesia preferita:
Il segreto della pioggia
Dicono che le nevi si sciolgono,
dolci nenie di bianco ardore,
e cadono lungo le gambe dei pendii.

Dicono che le fate si addormentano,
dolci gli elfi di nascosto
rubano bacio all’albero dimora
e il sole si sveste di silenzio
e sposo si dona al...  leggi...

Nell'albo d'oro:
Il pianoforte degli infermi
Parte il pensiero,
frammenti di lacrime estranee
a questa casa
che ingoia anime senza perché,
che ingoia bolle che l'ossigeno stringe in un bavaglio
messo alla bocca per far tacere il dolore

Madre, non chiudere quella porta,
qui sola...  leggi...

Ishtar
No, non mi lasciare.

Sarò come bimba, piccola,
che non sa ancora camminare
e senza latte –gattonando,
per vie, scale, e strade-
in cerca di quel Nero,
il nero dei tuoi occhi.

No, non camminare,
non voltandoti,...  leggi...

L’assenza del profumo
Di pioggia che non c’è
ma solo di assenza ha il profumo
come la luce.

Di tigli che non vogliono fiorire,
e del sole che corruga le ciglia
su di un tappeto che non vola,
è il ferro che il vento
trasporta tra gli specchi delle vie crucis.

Ti ho...  leggi...

La voragine della pupilla
Si guardava, come di un estraneo
il viso, allo specchio,
e quel sorriso, un ghigno,
senza pensare al diavolo
che era nascosto sotto al letto.

Era in ogni dettaglio,
il buio, e le sue maschere,
un carnevale fittizio
con coriandoli tra la...  leggi...

Le ragnatele della voce
Non lo sopporto più...
quella pioggia che cade
come ghiande d'albe
che piangono all'estate

Non lo sopporto più...
quella mano che geme
trema come Aracne soffocata
fanciulla che senza voce
tesseva al respiro ricami d'oro
che...  leggi...

Disfatta
Lacrime di seta
logorano il kimono che riveste
l'anima del cuore
come sottile trasparente velo
che non sa cosa sia il cielo...
E lo tocca con un altro respiro
e lo bacia con un sospiro che non è proprio
Soffoca come un pugno allo...  leggi...

Sdentato richiamo
E dondoli la testa
come bambola di porcellana
E sbarri gli occhi
come ratto affamato
E muovi la bocca
come sdentato silenzio

E urlo
e mi muovo...
e sonnambula ti amo...

Luce che nel neon
si incastra, cristallizza come baco da seta
larva...  leggi...

Child' Silence
Fai silenzio,
vieni con me
ti porto nel mondo dei miei sogni
dove li ammazzo uno ad uno
con fili di bambole.

Sai, un giorno vidi un fantasma con le ali
Pensavo fosse un angelo
Lo vidi di schiena e toccai il suo nulla
mentre mi sorrise lacrimando...  leggi...

I passi del vento
Il nulla si sbriciola
tra le dita del vento

E il cuore cerca scale
per arrivare al tetto
dei cieli grigi e dipingerli
con i polpastrelli sporchi di tempera

Acquerelli dall'odore di zagare e aranci
impressionistici dipinti
dove gli...  leggi...

La sommossa delle bocche imbavagliate
Passo di lepre
correndo come volpe
stanando tane dalle trappole

E l'estasi del peccato
non perdona
come sifilide che coglie
il malcapitato
lì derubato
dai corvi come spaventapasseri

Non inchinarti al canto delle ninfee
arpie...  leggi...

L'ultimo sorso
Se ti chiedessi di rubarmi l'ombra?
e poi di cucirla al muro?

Se mi avvicinassi per sussurrarti il mio nome?
e poi di bere la mia memoria?

Se ti chiedessi di toccarmi?
e poi di posare la mia anima senza più voce?
come rosa dove macchie...  leggi...

Sarò la tua ladra
Leccherò le tue lacrime
Ucciderò i tuoi fantasmi

Voglio esser tua
Baciami, corrodimi ogni sentimento
E di te mi basta il silenzio

Leccherò le tue piaghe e i tuoi pianti
Leccherò le tue solitudini e le tue...  leggi...

Stuprata
Rose di sangue
dai tramonti delle comete

Stelle piangono
parole che dipingono le mani

Donne, coperte dal loro velo
Bambine, sfregiato hanno il seno acerbo

Il padre bestemmia la sua rabbia
Iraconda bellezza, la moglie sfida il buio delle...  leggi...

Giorgia Spurio

Giorgia Spurio
 Le sue poesie

La sua poesia preferita:
 
Il segreto della pioggia (05/06/2016)

La prima poesia pubblicata:
 
Impazzisci, uomo! (13/08/2009)

L'ultima poesia pubblicata:
 
Leggere il vento (26/07/2024)

Giorgia Spurio vi consiglia:
 Perché le margherite non sbocciano d'inverno (09/06/2010)
 L'angolo degli acheni (21/09/2013)
 Il morso del mare (13/02/2010)

La poesia più letta:
 
Magnolie incatenate (30/12/2009, 26435 letture)

Giorgia Spurio ha 13 poesie nell'Albo d'oro.

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Autore della settimana
 settimana dal 10/11/2009 al 16/11/2009.

Autore del mese
 il mese 01/08/2011

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Forse quella mattina mio padre pianse

Amore

Era un uomo di cinquanta anni. Senza più famiglia e senza più lavoro. I suoi capelli bianchi e unti gli coprivano la testa sotto la pioggia. L’umidità e il freddo entravano dispettosi nelle costole, mentre la desolazione della stazione lo esaminava e lo baciava.

Dario quella notte non dormì e non fu la rigidità dell’inverno la causa.

Si era alzato dal letto, aveva guardato sua moglie. Aveva ammirato in silenzio quella donna che gli aveva donato cinque figli. L’aveva guardata come se la spiasse e, attento a non svegliarla, le aveva spostato i capelli delicatamente. Era la sua compagna di vita.

Il primo bacio, la prima volta in quello chalet abbandonato trasformato in un castello solo per lei, i suoi occhi neri sotto il velo bianco, i suoi capelli raccolti in una lunga treccia nera e morbida, i suoi baci sulla propria pelle, la nascita della primogenita, il sorriso dei suoi bimbi: tutto vagava confuso nella mente di Dario. I ricordi lo mangiavano. Ma era stato licenziato senza ritegno dopo trenta anni di fedeltà. Aveva perso i pochi soldi rimasti al maledetto gioco delle carte. Si era guardato allo specchio con ribrezzo e aveva sputato sulla propria immagine. Aveva scosso la testa e aveva pianto appoggiato al tavolo della cucina. Aveva preso un foglio e aveva scritto il suo addio: “Lucia, perdonami. Perdonami perché ho rovinato tutto. La ditta mi ha licenziato. E i soldi che avevamo in banca, li ho persi. Perdonami. Amore, ho fatto un’assicurazione sulla vita. Amore mio, prenditi cura dei bimbi. Dì loro che io li ho sempre amati. Amore mio, anche tu devi saperlo…ricorda che io vi ho sempre amato. Amore mio, addio.”

Scrisse, lasciò il foglio sul tavolo, si vestì. Prese una valigia che fu riempita non di abiti ma di foto. Avrebbe preso il primo treno che passava e nel treno avrebbe pensato il modo con cui morire facendolo sembrare un incidente. Indossò il giubbotto e prima di aprire il portone di casa volle aprire la camera dove dormiva il sangue del suo sangue. Li guardò uno ad uno pensando che se gli angeli dormissero sicuramente durante il sonno avrebbero avuto lo stesso volto dei suoi figli. Il piccolo Mattia era abbracciato alla sorella maggiore Giulia. La dolce Ilenia dormiva stringendo un libro sotto le coperte. Il combina-guai Gianni russava sul suo letto con indosso ancora gli occhiali da vista, storti sul suo naso. E la piccina Elisa stringeva il suo orsetto.

Li baciò con il pensiero e poi decise di andare. La città era ancora avvolta dal buio mentre l’orologio, imperioso sulla piazza, diceva che ore fossero: le 4.30. Dario vagabondò per le strade. Andò sul ponte e guardò il fiume. Andò davanti al duomo e parlò con le statue. Parlava del suo dolore, chiedeva se loro ricordassero quegli anni lontani quando era fidanzato e spensierato. Parlò di Lucia e della sua bellezza. Parlò dei suoi figli e delle loro marachelle. Parlò con i fantasmi del suo presente che come diabolici spettri gli stringevano il collo. L’orologio avvertì che erano le 5.00, però Dario voleva dire, confidarsi, piangere. L’orologio allora informò l’uomo che un’altra ora era già passata e che erano arrivate già le sei della mattina. Gli occhi azzurri di quel padre guardò il sole sorgere e si fece coraggio. Andò alla stazione senza biglietto e senza documenti. Guardò gli orari dei regionali. Uno doveva passare dopo circa un quarto d’ora.

Andò al binario. Si sedette e osservò quelle poche persone che partivano così presto. Si sedette pesantemente come se le sue preoccupazioni, attorcigliate alla sua persona, lo tenessero prigioniero e lo trascinassero verso gli inferi. “Eccolo”- pensò mentre vide arrivare il treno. Sembrava un automa pronto a salire su un mezzo che l’avrebbe portato non si sa in quale città, ma sicuramente verso quella triste destinazione che egli si era predestinato.

Ma una voce nella nebbia lo svegliò. La voce di una ragazzina, dall’altra parte, sul binario opposto, dietro il treno. Allora lui si fermò. Le palpitazioni del cuore si bloccarono per poi riprendere accelerate. Gli occhi disorientati guardavano il treno e il proprio udito cercava quella voce come un neonato che cerca il seno della madre. Lasciò che il suo treno se ne andasse senza di lui. E la vide. Ero io. Ero io che gridavo: “Papà, papà!”. Ero io che urlavo: “Non te ne andare.” Ero io, sua figlia, Ilenia, pronta a fermare il proprio padre.

Forse quella mattina mio padre pianse. Forse guardando la mia figura esile nel freddo di quella stazione, che con nulla diveniva complice del rapimento di anime, mio padre ritrovò la speranza. Eravamo lontani, i binari ci separavano, ma i nostri occhi lucidi e gonfi si guardarono a lungo come se parlassero un linguaggio tutto loro. Erano i nostri cuori che parlavano attraverso gli sguardi. Mio padre chiedeva perdono, io chiedevo nessun abbandono, lui chiedeva amore, quell’amore che io gli dissi fissandolo e dimenticandomi del mondo: “Papà, ti voglio bene, torna a casa.” Lui sorrise, il sorriso commosso di un uomo che prese la sua valigia per tornare alla sua vita, da sua moglie e dai suoi figli.


Giorgia Spurio 25/08/2010 15:53 3 1444

Creative Commons LicenseQuesto racconto è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons: è possibile riprodurla, distribuirla, rappresentarla o recitarla in pubblico, a condizione che non venga modificata od in alcun modo alterata, che venga sempre data l'attribuzione all'autore/autrice, e che non vi sia alcuno scopo commerciale.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.

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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Un racconto delicato e commovente, ritratto di una padre sull'orlo del baratro che ritrova la forza per continuare a lottare, per cancellare gli errori commessi.
L'amore filiale è la chiave di tutto... la spinta decisiva... non c'è niente di più forte del legame che lega un genitore al proprio figlio...è forse anche solo l'unica cosa al mondo per cui valga la pena combattere... continuare a vivere. Grazie Giorgia, per avermelo ricordato con questa tua splendida storia.»
Stefano Sivo

«Commovente storia d'amore. Ti prende fin dall'inizio, in questa disperazione che non sembra avere una via d'uscita. Poi le ore passano e la sicurezza della sua decisione comincia a vacillare, fino a cadere definitivamente con l'arrivo della bambina. Molto piaciuta!»
Rossella Gallucci

«Quella valigia piena di foto... La disperazione della solitudine, di fronte ad una scelta estrema, che in extremis trova la sua soluzione con la comparsa di un angelo... Sì, l'amore di una figlia, che ha la forza di beffare la Morte con poche, semplici parole: "non te ne andare, papà!"
Straordinaria capacità di inchiodare il lettore! Ma non avevo dubbi...»
Nemesis

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managgia mi hai fatto piangere..molto bella (Nutellina)



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